La Shoah

Il termine biblico Shoah (שואה), scritto anche Shoa e Sho’ah, che in ebraico significa “catastrofe” (viene utilizzato anche per indicare “distruzione” fin dal Medioevo), divenne il termine ebraico standard per indicare l’Olocausto del XX secolo già all’inizio degli anni ’40.

Significato storico. Un genocidio senza precedenti, totale e sistematico, perpetrato dalla Germania nazista e dai suoi collaborazionisti, con l’obiettivo di annientare il popolo ebraico. La motivazione e ragione principale fu l’ideologia razzista antisemita europea e mondiale, l’economia, la politica interna e estera e le ambizioni geo-territoriali. Tra il 1933 e il 1941 la Germania nazista perseguì una politica che espropriava gli ebrei dei loro diritti e delle loro proprietà, seguita dalla marchiatura e dalla concentrazione localizzata. Questa politica ottenne un ampio sostegno in Germania e in gran parte dell’Europa pre e durante l’occupazione nazista. Sia in Europa orientale che occidentale, i nazisti e i loro collaborazionisti locali perpetrarono uno stermino di massa delle comunità ebraiche. Al maggio 1946, dunque 1 anno dopo la liberazione dei lager, erano stati assassinati oltre 6 milioni di ebrei.

Qui di seguito si riporta una frase che segna esattamente l’impatto che la Shoah ha avuto sulle generazioni successive.

Questa legittima domanda di Paulinka Wiesenthal Kreisberg, figlia di Simon Wiesenthal e Cyla Müller, rappresenta propriamente il senso più profondo di cosa fu la Shoah: la distruzione totale di intimi e complessi universi fatti di voci, lessici, volti, usanze, pregi e difetti, luoghi, cibo, odori, spazi e memorie che caratterizzavano le comunità, le famiglie, grandi o piccole, gli amici, i compagni di scuola o di sport, i colleghi o i vicini di casa. E questo ampio e insanabile vuoto fu l’effetto e la conseguenza che lasciò la Shoah nelle esistenze dei sopravvissuti.


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